
Tanti pensieri possono scatenare i commenti al blog, alcuni poi vanno a toccare interruttori che accendono luci all’improvviso.
Mi è capitato così con questo di Aquila.
Oltre a farmi piacere il commento in sè, mi ha fatto pensare al post Memento, ma più a fondo al fatto che spesso mi privo di me stessa nei rapporti interpersonali.
In particolar modo succede quando si tratta di un rapporto di coppia.
Tendo a modificare me stessa nel ercare di compiacere l’altra persona, le sue esigenze, piccole o grandi che siano, diventano più importanti delle mie.
Ho cercato di lavorare su questo, di migliorare questo aspetto di me stessa ed in effetti credevo di esserci riuscita, ma poi quella frase ha fatto chiarezza sulla sensazione di disagio che provavo da alcuni giorni.
Quando ho letto il commento mi sono detta: è vero senza di me non c’è più gusto.
Ricordo una parte del discorso sul matrimonio nel libro “Il profeta” di Ghibran:
“…Ma che ci siano spazi nel vostro stare insieme, E che i venti del cielo danzino tra di voi.
Amatevi vicendevolmente, ma il vostro amore non sia una prigione:
Lasciate piuttosto un mare ondoso tra le due sponde delle vostre anime.
Riempitevi la coppa uno con l’altro, ma non bevete da una sola coppa.
Scambiatevi a vicenda il vostro pane, ma non mangiate dallo stesso pane.
Cantate insieme e danzate e siate allegri, ma che ciascuno sia solo.
Come le corde di un liuto, che sono sole, anche se vibrano per la stessa musica.
Datevi il vostro cuore, ma non lo date in custodia uno dell’altro.
Perché solo la mano della Vita può contenere i vostri cuori.
E state insieme ma non troppo vicini:
Poiché le colonne del tempio sono distanziate,
E la quercia e il cipresso non crescono l’una all’ombra dell’altro.”
Nelle mie ultime storie ho fatto tutto il contrario, crescevo nell’ombra dell’altro.
Avevo qualcosa dentro in questi giorni, la lampadina per illuminare quello che non riuscivo a vedere è stata accesa dal commento quotato.
Ho capito di essermi messa da parte, ho messo a fuoco la sensazione che provavo, come se camminassi in un vicolo sconosciuto, avvolta da un’ombra che non mi permetteva di vedere esattamente dove mettevo i piedi.
Certo, perché non erano più i miei occhi a guardare per scegliere e condividere il cammino da percorrere, erano gli occhi di un altro e non riuscivo più ad incrociarli alla ricerca della complicità che mi aveva fatto lasciare le redini.
Ed è proprio così: senza noi stessi non c’è gusto a costruire un rapporto interpersonale, di qualsiasi tipo esso sia, senza la possibilità di far convivere le diverse personalità la costruzione del rapporto sarà priva delle basi fondamentali che le permetteranno di resistere alle calamità naturali che si possono abbattere su di essa.