In my shoes – Tipe gelose

Mi hanno detto che assomiglio al mio cane, il mio cane femmina per la precisione
Lei abbaia molto raramente.
Una di queste rare volte è stata ieri.
Perché Lui ha un cane.
Maschio.
Eravamo andati a prendere un aperitivo e loro si sono avvicinato ad una ragazza con un cane femmina, noi eravamo distanti, li guardavamo, lei immobile, con lo sguardo fisso ha abbaiato.
Così, un paio di bau, decisi, profondi.

Mi hanno detto che assomiglio a lei perché lei non abbaia.
Se non le sta bene qualcosa attacca e basta, ti prende al collo senza avvertimenti e vuole o farti fuori o sottometterti.
Lei è così.

Mi hanno detto che sono così anche io.
Che non avverto.
Che attacco al collo senza preavviso.
Punto.

Perché poi alla fine è vero, è capitato che attaccassi al collo. Metaforicamente. Credo solo perché non ho i denti sufficientemente sani.

Quello che non mi torna è solo che io pensavo di avvertire prima.
Evidentemente non lo faccio a sufficienza.
Perché pare che non se ne accorgano, pare che se attacco al collo sembra che non ci sia un motivo preciso.
Ma io e il mio cane lo sappiamo che c’è un motivo preciso.
E vi avvertiamo anche.
Siete voi che non volete capire.

E poi sì: siamo delle tipe gelose e oggi vogliamo avere ragione noi.

Vita di PI – Pubblico Impiegato – Riflessioni XII

Passo la tessera nei tornelli della metro come un flash mi riappare un fotogramma del sogno di questa notte risale il sapore amaro, ho sognato il mio vecchio posto di lavoro mischiato con il nuovo, senza nessun filtro le persone e i luoghi di due universi lontani si sono mischiate in un mondo onirico, mischiati insieme a coda di rospo, ali di pipistrello, Martini rosso, Campari, Absolut, un terzo – un terzo – un terzo, agitati e non schecherati, da servire con molte olive e molto in fretta.

La tessera magnetica diventava di carta e si scioglieva a contatto con la pozione, tirata fuori iniziava a bruciarsi, ma non prendeva fuoco, nessuna fiammata, lentamente i bordi venivano mangiati dal contorno nero che avanzava ondeggiante a poco a poco.

Lui è vestito con la camicia bianca e una sottile cravatta scura, ricorda i programmi sentinella, anche se io preferisco sempre il Mr. Orange di Tim Roth.

Lei non è più contenta come prima di avere un nuovo capo, non dice più finalmente un uomo così ho finito con i capi donna cui devi raccontare la tua vita privata per farti benvolere perché è più importante quella che il lavoro.

La sorte ha voluto che avessimo gli stessi capi, in sequenza prima io poi lei.

L’autoreferenzialità le ha fatto credere di avere scoperto per prima i veri segreti celati dietro alle persone.

Lei è l’esploratrice che ha scoperto come va la vita qui dentro.

Lei entra in stanza e pontifica inasprendo ancora di più gli animi, già malconci.

Lei attizza il fuoco.
Ma il suo fuoco non fa fiamme, corrode e brucia in silenzio e senza avviso.

Lei si aspettava grandi cose.
Si aspettava che un uomo fosse più semplice.
Certamente si aspettava così.
Si aspettava che un capo uomo potesse essere gestito con il suo solito atteggiamento seduttivo, quello che io mi diverto tanto ad osservare quando lei lo sfoggia indistintamente con tutti i colleghi.
È divertente vedere il suo linguaggio del corpo.

E ora?
Ora però è delusa.
Ora è in empasse.
Ora che ha scoperto che il nuovo capo non lo conquisti con la seduttività, ora non sa come fare, non conosce altro modo per rapportarsi con un uomo.
Non ha la più pallida idea di come proseguire.
La rabbia le si legge in volto.
Lei racconta altre motivazioni.

Assolutamente condivisibili, perché io lo conosco e so come sia una gran brava persona da un punto di vista umano, preparatissimo da un punto di vista professionale, ma spesso impacciato nel ricoprire un ruolo di responsabilità e di coordinamento e organizzazione di un gruppo di persone.

E sono solo venti giorni.

Ci sarà da divertirsi.

In my shoes – La signora in bianco

Era una signora che vestiva sempre di bianco, capelli castani lisci e lunghi fin sotto le spalle.
Le piaceva alternare i capelli sciolti, o raccolti in una coda bassa.
Indossava sempre un cappello a falda larga anch’esso bianco.
Portava con se anche un ombrello indipendentemente dalle condizioni meteorologiche.
Aveva sempre un aspetto curato, studiato nei particolari, il viso truccato leggermente, in cui metteva soprattutto in risalto la bocca con un rossetto rosso.
Alle volte quando arrivavo la trovavo già lì.
Alle volte arrivavamo insieme.
L’ho osservata per lungo tempo, mi affascinava in qualche modo.

Lei entrava in metropolitana, scendeva le scale per arrivare sempre alla solita banchina e si sedeva sulle panchine di ferro appoggiate al muro.

Si sedeva lì e aspettava, non prendeva la metropolitana.

Non so dirti se qualche volta l’abbia presa, perché quando salivo sul treno lei rimaneva lì.
Nel corso del tempo mi sono fatta l’idea che non abbia mai preso la metro.
Intendo dire mai in vita sua.

Quando si sedeva sulle panchine iniziava a parlare, parlava con qualcuno, non sono riuscita mai a capire chi intendesse.

Alle volte la conversazione si scaldava e lei alzava i toni.
Ma neanche in queste occasioni perdeva il savoir faire.
L’ho detto che mi affascinava, aveva un modo di fare che a me appariva in un certo modo aristocratico.

Perché le persone che hanno classe se la portano dietro per sempre, qualsiasi cosa succeda dentro e fuori di loro.

Poco a poco mi è venuta la sensazione che utilizzasse questi momenti per riuscire a mantenere un suo equilibrio.
Come se quei ritagli di tempo fossero solo per lei.

Era come se avesse lasciato che il suo cervello si ribellasse a quei modi affettati utilizzati per troppo tempo, come se avesse trovato una via di uscita dal suo mondo e si fosse rifugiata in un mondo a parte. Magari anche solo per un po’.
Si lo so sembra assurda come idea.
Ma io avevo l’impressione che lei si prendesse un suo spazio lì seduta su quella panchina, sotto terra, vestita e curata di tutto punto, senza mai perdere la sua classe anche nella bizzaria della situazione.
Avevo l’impressione che in quel suo spazio e in quel tempo tutto suo lei riuscisse a tarare i livelli della realtà del mondo per riuscire a farli convivere con i livelli della propria realtà.

Mi è seriamente dispiaciuto cambiare sede di lavoro perdendo così l’occasione di rivederla ancora.
Ma sono quelle persone che per caso hanno incrociato la mia vita e che mi hanno colpito, cui rivolgo sempre un pensiero.

E mi viene in mente lei ogni tanto perché mi piacerebbe anche a me sfogarmi così a voce alta alle volte senza curarmi di chi mi sta intorno che alle volte invece ci penso troppo come ora questa ragazza vicino a me che ho l’impressione che sbirci ma forse no, magari guarda solo il monitor al centro del vagone e io penso che guardi il monitor su cui sto scrivendo io.
Ecco vorrei infischiarmene, francamente signora in bianco me ne vorrei infischiare anche io.

Very Inspiring Blogger Award

È successo che sono stata nominata.
Ecco è una cosa che mi ha fatto saltare il cuore nel petto, che mi ha fatto emozionare così tanto che anche adesso che ne scrivo sono emozionata.
E poi lo hanno fatto 3 dei miei blogger preferiti e io non amo le catene di sant’Antonio, le interrompo sempre e però questa volta dopo la terza persona che mi ha nominato ho pensato che forse potrei fare un’eccezione, ma siccome spesso faccio le cose a metà la interrompo a metà.
A metà perché insomma non è una catena, cioè sì lo è, ma una catena bella che tu dici a qualcuno che lo apprezzi, e dire a qualcuno una cosa così è bello, e a me ha fatto tanto piacere, ma poi mi blocco a mandare i link ai blog che nominerò così li nomino qui e basta che se qualcuno che non li conosce vuole fargli visita gli dico che io li apprezzo, poi se loro passeranno di qui allora lo vedranno, ma alcuni non mi seguono nemmeno credo, quindi non vedranno neanche questo post, forse.
Una cosa a metà appunto, mi si addice.

Allora, le regole:

1.Copia e inserisci il premio in un post.

2.Ringrazia la persona che te lo ha assegnato e crea un link al suo blog.

Ringrazio tanto tantissimo:

AlexG: http://aereoplanini.wordpress.com/

Prigioniera del deserto: http://prigionieraneldeserto.wordpress.com/

Corvo bianco: http://inciampi.wordpress.com/

3.Racconta 7 cose di te.

Praticamente non faccio altro su questo blog che raccontare cose di me.
Quindi ho pensato di elencare sette cose che proprio non riesco a scrollarmi di dosso:

prima di accendere una sigaretta la sbatto alcune volte dalla parte del filtro per far scendere il tabacco, mi sembra che così tiri meglio.

quando rifaccio il letto il cuscino lo devo posizionare sempre con la parte apribile della federa verso destra, lo controllo anche prima di andare a dormire e soprattutto quando sono in albergo che il letto non lo rifaccio io.

adoro l’ode il Cinque Maggio, la conosco a memoria, la rileggo quando mi sembra di perderla per paura di dimenticarla, e ogni 5 maggio dedico un pensiero a Napoleone e a Manzoni e mi stupisco sempre.

sottolineo i libri che leggo con una matita e metto le orecchie alle pagine in cui ho sottolineato qualcosa.

per molti anni mi sono ciucciata il pollice e contemporaneamente tenevo tra le dita il lobo dell’orecchio. Ho smesso di ciucciarmi il pollice, ma ancora tengo il lobo tra le dita e ancora mi da quella sensazione di serenità che mi dava da piccola.

se scrivo su un foglio a righe non tocco mai la riga, scrivo sempre nello spazio in mezzo che si crea tra una riga e l’altra, per questo preferisco i fogli a quadretti, anche se devo firmare dove c’è la riga, firmo sempre sopra.

metto sempre dritto lo zerbino, mi piace quando è allineato con la soglia della porta di ingresso. Cerco di trattenermi, ma ogni tanto lo faccio anche con gli zerbini dei vicini di pianerottolo.

4.Nomina 15 blogger a cui vuoi assegnare il premio e avvisali postando un commento nella loro bacheca.

Diventa difficile, comunque nominerei i blog che mi hanno nominato, non credo sia nelle regole quindi non lo faccio, ma lo faccio così, poi confermo quanto detto anche sul blog di Alex che mi ha nominato con altre donne che io leggo sempre con gran piacere, insomma i blog che seguo lì ho scelti io, Ariinsomma se continuo a giustificarmi non se ne esce più, ed ho infranto un’altra regola perché non sono 15.

http://andreaferrari.wordpress.com/
http://angolodelpensierosparso.wordpress.com/
http://appenacinqueminuti.wordpress.com/
http://aquilanonvedente.wordpress.com/
http://attraversaremuri.wordpress.com/
http://lalucedelmattino.wordpress.com/
http://invisibileblog.wordpress.com/
http://lamisuradelmiotempo.wordpress.com/
http://emporiocircolare.wordpress.com/
http://nonmibasta.wordpress.com/
http://raccontimetropolitani.wordpress.com/
http://rossodipersia.wordpress.com/
http://tilladurieux.wordpress.com/
http://virginiamanda.wordpress.com/

P.s. Il fatto è che mentre scrivevo l’emozione ha fatto si che saltassi la fermata della metro dove dovevo scendere, ne ho fatta una in più. Ho cambiato banchina, ma ho saltato anche questa volta la fermata, allora ho ricambiato la direzione e finalmente sono scesa a quella giusta.
Ecco che effetto mi fanno i premi.

In my shoes – La Tranvata

Come fosse una sveglia radiofonica, invece la musica suonava esclusivamente nella mia testa e suonava così forte che mi sono svegliata, prima dell’ora prevista gli occhi si sono spalancati al ritmo della mia mente:

ma che colore ha
…ma che colore ha

una giornata uggiosa
…una giornata uggiosa

ma che sapore ha
…ma che sapore ha

una vita mal spesa
…una vita mal spesa

Che il ritmo non sarebbe mica male, è il testo che mi distrugge.

Cosa vuoi dirmi complicatissima mente?
Che io so che sapore ha una vita mal spesa?
Può darsi di si infatti, può darsi che io lo sappia.
C’è però bisogno che mi ci svegli per ricordarmelo?
La prossima volta potresti gentilmente farlo almeno all’ora della sveglia?

Il sapore è quello del vino bianco bevuto ieri sera che si attorciglia con le mie budella innervosite dal testo, dal volume in cui il tutto risuonava, dall’orario, dal fatto che ieri sera e già veramente terminata e che il caffè ancora non è pronto perché il timer è in orario sono io che sono in anticipo.

Il colore è un insieme di quelli che indosso per portare a spasso i cani: stivali, leggins, magliettone, giacca e immancabili occhiali da sole per coprire i postumi di una serata ben spesa, tutto in un tripudio di rosso, nero, marrone, viola, blu.
È indifferente specificare a quali capi di abbigliamento corrispondessero tali colori, tanto il risultato è lo stesso: fanno a cazzotti tra loro, devo averne presi un paio sugli occhi a giudicare dal mio aspetto, quello che ho intravisto riflesso allo specchio stamattina.
Come avessi preso una tranvata.

Un ex collega – un tipo di quelli che sanno tutto loro, di quelli che ti vogliono insegnare a vivere – mi diceva che avevo preso i cani perché mi sentivo sola.
Sono quei tipi così, quelli che non sanno nulla di te, ma vogliono spiegarti come sei fatta.

I cani sono entrati nella mia vita in momenti diversi, e questi momenti corrispondevano a stati d’animo completamente opposti.
L’unico motivo per i quali sono entrati nella mia vita è perché mi sono innamorata di loro a prima vista e non gli ho neanche dato il tempo di pensare se anche loro si fossero innamorati di me, li ho raccolti e li ho portati con me.

Sì mi sono sentita sola molte volte, ed è probabile che mi ci risentirò altre volte nonostante tutto.

Ma non era questo il punto.

Che infatti ora l’ho perso il punto. Che cosa c’entra questo ex collega che mi è venuto in mente?

Non lo so, ultimamente la mia mente si comporta come vuole e io mi trovo a barcamenarmi tra le sue idee.

Io, tutti i miei colori e i miei sapori e i miei cani ci siamo ritrovati sulla via del ritorno dopo il parco a canticchiare:

> Libiamo, libiamo ne’ lieti calici, che la bellezza infiora;
e la fuggevol fuggevol’ora s’inebrii a voluttà.
Libiam ne’ dolci fremiti che suscita l’amore, poiché quell’occhio al core onnipotente va.

Sì sì cantavo!
Va bene, non so mica tutte le parole…quando non le ricordavo facevo na na na naaaaa.

Sì lo so, mi riesce meglio il valzer, lo accennavo, giusto qualche passetto.
Ma guarda che nella mia mente io sono intonatissima!

Certo che sì, il risultato era quello che era…

Il punto c’è comunque, ed è che non bisogna mai sottovalutare il buon umore che ti può provocare una semplice passeggiata con i cani!